VENERDÌ 01 DICEMBRE 2023




Il fatto

Castellammare, morto Don Walsh l'ultimo testimone sceso negli abissi con il Trieste

L'avventura del sommergibile costruito nei cantieri

di Redazione
Castellammare, morto Don Walsh l'ultimo testimone sceso negli abissi con il Trieste

Morto Don Walsh, scese col 'Trieste' nella Fossa Marianne. L'ultimo testimone dell'esperienza con il batiscafo costruito a Castellammare. 

A guardare la foto in bianco/nero in cui il segaligno scienziato Jacques Piccard e il militare della US Navy Don Walsh biondo con gli occhi azzurri sono stretti in un minuscolo cilindro tra complesse strumentazioni, ci si chiede come sia stato possibile che in un così angusto spazio abbiano trascorso molte ore: il tempo necessario per raggiungere il punto sottacqua più profondo del pianeta, la Fossa delle Marianne, 10.916 metri.
Di quella storica e incredibile missione oggi non rimane più nessuno: Piccard morì nella sua Svizzera il primo novembre 2008; pochi giorni fa, alla veneranda età
di 92 anni, è morto anche Donald Walsh.

Per la precisione, il 12 novembre scorso nella sua casa di Myrtle Point, in Oregon (Usa). In quella missione un ruolo
importante lo ebbe anche l'Italia: il batiscafo oceanologico si chiamava, non a caso, "Trieste". La Us Navy lo acquistò nel 1958 pagandolo 250 mila euro ma era
stato progettato da Auguste Piccard (padre di Jacques) e realizzato in Italia. Lungo poco più di 18 metri era stato inizialmente costruito nel 1953 dai Cantieri San Marco di Trieste dei Cantieri Riuniti dell' Adriatico, mentre la sfera di immersione, in acciaio inossidabile, fu opera delle acciaierie di Terni; l'oblò fu invece realizzato nelle officine Galileo di Firenze.

Al Cantiere navale di Castellammare di Stabia, infine, la sfera fu saldata allo scafo. Fu varato il primo agosto 1953 e lo
stesso anno raggiunse la profondità di 3.150 metri nelle prove al largo di Napoli. Tre anni dopo l'impresa più importante, nel 1963, fu ritirato e poi esposto nel
Museo navale di Washington. La notizia della morte di Walsh è stata data dal figlio Kelly al New York Times, da dove è poi rimbalzata in tutto il mondo. Il
quotidiano statunitense sottolinea che quando Kelly Walsh ha saputo della morte del padre, stava tenendo una conferenza su una nave da crociera nel Pacifico
proprio sulla storia delle esplorazioni del Challenger Deep, compresa la sua, appunto. "Era il momento e il luogo perfetto per un omaggio all'eredità di mio padre", ha scritto in un'e-mail.

"La gente era in lacrime". Quell'immersione del 23 gennaio 1960, tenuta segreta nel caso in cui fosse fallita, sembrò segnata fin dall'inizio da una serie di problemi, ma la testardaggine di Piccard e Walsh ebbe la meglio sugli ostacoli e la malasorte.

Poco prima della discesa nell'abisso, le onde imponenti del Pacifico occidentale avevano danneggiato o portato via l'attrezzatura essenziale, poi andò perduto il telefono di superficie e, un misuratore di
corrente penzolava da alcuni fili. Il tachimetro che avrebbe dovuto registrare la velocità di discesa dell'imbarcazione era inutilizzabile. Come in ogni romanzo
d'appendice, infine, pioveva. Ma il tenente Walsh, 28 anni, diventato sommergibilista perché la scarsa vista non gli aveva consentito di fare il pilota, e Piccard, si
arrampicarono ugualmente sulla sfera personale di due metri del sommergibile, bagnati fradici e si calarono all'interno. Negli stretti spazi, però indossarono abiti
asciutti. 


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20-11-2023 21:48:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA